Eppure nel resto d’Europa non esiste la stessa emergenza, vi siete mai chiesti il perché?
La risposta si chiama Social Housing.
Il Social Housing è una vera e propria politica abitativa che si fonda su tre principi fondamentali:
La risposta si chiama Social Housing.
Il Social Housing è una vera e propria politica abitativa che si fonda su tre principi fondamentali:
- Progettare abitazioni di qualità;
- Garantire sostenibilità ambientale ed efficienza energetica;
- Contenere i prezzi.
Di cosa si tratta? Stiamo parlando di palazzine costruite attraverso agevolazioni fiscali, finanziarie e patrimoniali, che offrono piccoli appartamenti dotati di tutti i confort con qualche locale in comune come la lavanderia, la sala hobby, a volte la cucina e il giardino, a contratti quinquennali e soprattutto ad affitti bassi.
Chi può chiedere una casa sociale in affitto? Ne hanno diritto tutti coloro che non sono tanto benestanti da affrontare un canone mensile per un appartamento residenziale, ma nemmeno tanto povere da poter ottenere le case popolari.
Nel Nord Europa la politica del Social Housing è ormai affermata da un po’ ed ha un grande riscontro. Qui le istituzioni mettono a disposizioni “case sociali” in cambio di affitti equi, con la soddisfazione ed il guadagno di entrambe le parti.
Per quanto riguarda l’Italia invece il dato che meglio fotografa la situazione è stato messo in luce dal Presidente di Assoambiente durante un convegno svoltosi nell’ European Property Italian Conference a Roma lo scorso settembre. “In Italia – ricorda Gualtiero Tamburini – il 20% dei cittadini vive in affitto e l’aumento dei canoni porta a destinare una quota sempre maggiore di reddito familiare alle locazioni. Il disagio deriva dal fatto che solo il 5% delle strutture residenziali sono pubbliche, per il resto i prezzi sono determinati dai privati in regime di libero mercato.”
In questa conferenza si è molto dibattuto sul Social Housing e sulla necessità di adottare questa politica anche in Italia, dove si sconta il ritardo nei confronti di altri paesi europei che hanno creato edifici di urbanistica sociale di pari passo alla riedificazione di aree urbane.
Cosa è cambiato in questi mesi?
Mentre il totale di unità abitative sociali realizzate in tutta Europa è arrivato a 600, in Italia il Social Housing sta cominciando a prender piede ed è destinato ad aumentare spingendo molte città ad adeguarsi a questa politica.
Nel corso di quest’anno la Giunta regionale della Regione Lazio ha firmato una delibera, che stanzia la ripartizione di 65 milioni di euro per l’attuazione del primo programma per il Social Housing garantendo così una forte spinta alla costruzione, al recupero e all’acquisto di nuovi alloggi da destinare all’edilizia sociale.
Oltre alle città del Lazio le città italiane che hanno aderito già da un po’ alla politica del Social Housing sono Brescia, Treviso, Bologna, Pesaro e Teramo.
New entry nel Social Husing, invece, è San Benedetto del Tronto che dopo il successo riscontrato dall'iniziativa "Abitiamo insieme Ascoli", sembra essere interessata a riproporre una simile iniziativa in altre zone. In questa direzione, il Comune di San Benedetto ha iniziato a muoversi, con un progetto di trasformazione di una vecchia scuola in una palazzina con due appartamenti destinati a giovani coppie. L'intervento sull'edificio è finalizzato alla riconversione di due piani in alloggi di proprietà dell’ Erap e del piano terra in un centro sociale dedicato a tutto il quartiere.
L’iniziativa fa parte di un bando regionale di riqualificazione urbana al quale ha partecipato il Comune di San Benedetto del Tronto consegnando il progetto che prevede la trasformazione di altre due strutture di Social Housing. Ora si aspetta solo il via libera della Regione Marche.
Una interessante politica, quella del Social Housing, che però necessita anche della partecipazione attiva dei cittadini dei vari comuni. E’ anche compito e dovere di ognuno di noi, infatti, associarci per chiedere ai comuni di residenza aree da destinare al Social Housing.
Chi può chiedere una casa sociale in affitto? Ne hanno diritto tutti coloro che non sono tanto benestanti da affrontare un canone mensile per un appartamento residenziale, ma nemmeno tanto povere da poter ottenere le case popolari.
Nel Nord Europa la politica del Social Housing è ormai affermata da un po’ ed ha un grande riscontro. Qui le istituzioni mettono a disposizioni “case sociali” in cambio di affitti equi, con la soddisfazione ed il guadagno di entrambe le parti.
Per quanto riguarda l’Italia invece il dato che meglio fotografa la situazione è stato messo in luce dal Presidente di Assoambiente durante un convegno svoltosi nell’ European Property Italian Conference a Roma lo scorso settembre. “In Italia – ricorda Gualtiero Tamburini – il 20% dei cittadini vive in affitto e l’aumento dei canoni porta a destinare una quota sempre maggiore di reddito familiare alle locazioni. Il disagio deriva dal fatto che solo il 5% delle strutture residenziali sono pubbliche, per il resto i prezzi sono determinati dai privati in regime di libero mercato.”
In questa conferenza si è molto dibattuto sul Social Housing e sulla necessità di adottare questa politica anche in Italia, dove si sconta il ritardo nei confronti di altri paesi europei che hanno creato edifici di urbanistica sociale di pari passo alla riedificazione di aree urbane.
Cosa è cambiato in questi mesi?
Mentre il totale di unità abitative sociali realizzate in tutta Europa è arrivato a 600, in Italia il Social Housing sta cominciando a prender piede ed è destinato ad aumentare spingendo molte città ad adeguarsi a questa politica.
Nel corso di quest’anno la Giunta regionale della Regione Lazio ha firmato una delibera, che stanzia la ripartizione di 65 milioni di euro per l’attuazione del primo programma per il Social Housing garantendo così una forte spinta alla costruzione, al recupero e all’acquisto di nuovi alloggi da destinare all’edilizia sociale.
Oltre alle città del Lazio le città italiane che hanno aderito già da un po’ alla politica del Social Housing sono Brescia, Treviso, Bologna, Pesaro e Teramo.
New entry nel Social Husing, invece, è San Benedetto del Tronto che dopo il successo riscontrato dall'iniziativa "Abitiamo insieme Ascoli", sembra essere interessata a riproporre una simile iniziativa in altre zone. In questa direzione, il Comune di San Benedetto ha iniziato a muoversi, con un progetto di trasformazione di una vecchia scuola in una palazzina con due appartamenti destinati a giovani coppie. L'intervento sull'edificio è finalizzato alla riconversione di due piani in alloggi di proprietà dell’ Erap e del piano terra in un centro sociale dedicato a tutto il quartiere.
L’iniziativa fa parte di un bando regionale di riqualificazione urbana al quale ha partecipato il Comune di San Benedetto del Tronto consegnando il progetto che prevede la trasformazione di altre due strutture di Social Housing. Ora si aspetta solo il via libera della Regione Marche.
Una interessante politica, quella del Social Housing, che però necessita anche della partecipazione attiva dei cittadini dei vari comuni. E’ anche compito e dovere di ognuno di noi, infatti, associarci per chiedere ai comuni di residenza aree da destinare al Social Housing.
ciao, complimenti ho condiviso in un gruppo facebook, mi sembra molto interessante
RispondiEliminaNice post thannks for sharing
RispondiElimina